Airbnb, boom di affitti brevi tra sharing e shadow economy

Scritto il alle 11:17 da Redazione Finanza.com

Airbnb riscuote sempre più successo in Italia. Il portale online che mette in contatto persone in ricerca di un alloggio o di una camera per brevi periodi ad agosto poneva in vendita in Italia 222.786 strutture dalle solo 234 del 2009. Una crescita esponenziale non accompagnata da una significativa variazione del numero di attività ufficialmente autorizzate con Federalberghi che rimarca come le strutture extralberghiere censite dall’Istat erano 104.918 nel 2009 e oggi sono a quota 121.984.

Tra le maggiori città il picco di Airbnb è a Roma con 23.889 alloggi e a Milano con 13.200. Guardando proprio al capoluogo milanese, il 66% degli alloggi disponibili sono riferiti ad interi appartamenti; il 68% disponibili per più di sei mesi; vi sono, poi, “host” ai quali fa capo un significativo numero di appartamenti (da 48 a 115, una vera Camera letto, Airbnb - Pixabayindustria) messi in vendita. Se si guarda, invece, all’area metropolitana di Milano gli alloggi sono oltre 15mila di cui quasi 10mila riferiti ad interi appartamenti. Circa 10.500 sono disponibili per più di sei mesi; oltre 6.500 sono gestiti da host (che mettono in vendita più di un alloggio).
Da sharing economy si rischia quindi di avere a che fare soprattutto con shadow economy (economia sommersa). “Qui non si tratta certamente di negare gli aspetti positivi che caratterizzano l’evoluzione della società verso meccanismi di scambio ispirati a una maggiore libertà – afferma Maurizio Naro, presidente di Apam Federalberghi Milano – ma di contrastare lo sviluppo di quella che sembra essere una ‘Shadow economy’, non certo una sharing economy. Crediamo resti non del tutto risolto il problema delle regole di partenza tra soggetti economici che svolgono la stessa attività, regole che sembrano trasgredite già in partenza. Infatti, a Milano, solo il 2,2% degli appartamenti pubblicizzati su Airbnb è in regola con quanto previsto dalla legge regionale 27 del 2015 che prevede l’obbligo della registrazione nell’apposito elenco comunale”.

In altri Paesi europei, rileva Apam Federalberghi Milano, si stanno già prendendo provvedimenti legislativi in questo senso. In Francia, ad esempio, il Code du Tourisme prevede l’obbligatorietà della registrazione della locazione breve presso il Comune di riferimento e l’obbligo del collegamento al codice di registrazione dell’unità abitativa in ogni forma pubblicitaria, rafforzato da una forte attività di controllo accompagnata da pesanti sanzioni. Molte municipalità, come Parigi, Amsterdam, Barcellona e Berlino (città all’avanguardia nella net economy), per rimanere nella sola Europa, hanno già provveduto a prendere severe contromisure per contrastare il dilagare incontrollato del fenomeno.

Le quattro contraddizioni del boom degli affitti brevi
Il rapporto sul “sommerso” turistico realizzato da Federalberghi nazionale con la collaborazione tecnica di Incipit e Inside Airbnb evidenzia le quattro grandi contraddizioni dell’attuale sviluppo degli affitti brevi rispetto ai valori fondanti della “vera” sharing economy.

– non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare, la maggior parte degli annunci pubblicati su Airbnb si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno;

– non è vero che si tratta di attività occasionali: la maggior parte degli annunci si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all’anno;

– non è vero che si tratta di forme integrative del reddito: sono attività economiche a tutti gli effetti, che molto spesso fanno capo ad inserzionisti che gestiscono più alloggi;

– non è vero che le nuove formule compensano la mancanza di offerta: gli alloggi presenti su Airbnb sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche, dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.

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