Come aprire un asilo nido in famiglia
Dal Nord Europa con amore
Aprire un’attività di lavoro autonomo, realizzando un micronido all’interno della propria casa è particolarmente diffusa in molti Paesi dell’Europa del Nord e che comincia a diffondersi anche in Italia. Si chiama ‘tagesmutter’ (letteralmente mamma di giorno), ossia offrire la possibilità di ospitare bambini di altre mamme all’interno della propria casa in una sorta di asilo nido in famiglia.
E’ specialmente questa, una esigenza di molte mamme che lavorano e che, magari, non sanno a chi affidare il proprio bambino e intendono al momento iscrivere il pargolo presso un asilo nido perché è forse solo una esigenza momentanea la loro o per motivi economici.
A differenza di un servizio tradizionale di baby sitting, il tagesmutter ha il vantaggio di inserire il bambino all’interno di un ambiente casalingo dove la madre, titolare dell’attività, svolge il suo operato per il proprio figlio e per quelli che decidono di avvalersi del servizio, in un contesto sempre assistito e garantito.
In Italia questo sistema è particolarmente presente nelle regioni del nord anche se ora, l’interesse per aprire un asilo nido in famiglia sta prendendo piede anche nel resto del Paese anche per creare una fonte di reddito che supplisce alla carenza di lavoro.
Regione che vai, normativa che trovi
Aprire un asilo nido in famiglia implica il rispetto di norme stabilite dalla propria Regione ma vi sono denominatori comuni da rispettare:
– Il luogo dove si terrà questa attività deve essere esclusivamente la propria abitazione di residenza;
– L’utenza deve riguardare bambini dai tre mesi fino ai tre anni senza nessuna eccezione;
– Il totale dei bambini non può superare i 4 per ogni educatrice che deve dedicare ad ognuno di loro tutte le attenzioni e i riguardi di una vera mamma. (Alcune Regioni variano il numero dei bambini presenti a 5 o addirittura a 10 come avviene in Abruzzo)
– La casa dove si apre l’asilo nido (indipendentemente dal fatto che sia di proprietà o in affitto) deve rispondere a tutti i principi di sicurezza nonché di igiene che assicurino ai bambini l’incolumità. Quindi, oltre ad essere puliti e luminosi, i locali devono essere senza pericoli e con gli impianti a norma e protetti come nel caso delle prese di corrente.
– Almeno quattro devono essere i metri quadrati che ogni bambino deve avere a disposizione e lo spazio a sua disposizione non deve essere inficiato con i normali spazi abitativi in modo che lo stesso possa giocare liberamente.
– L’orario di apertura è variabile delle norme stabilite dalla propria regione (da 4 a 10 ore) anche se è lo stesso tagesmutter a fissare la sua disponibilità.
E’ bene ricordare il fatto che l’asilo nido in famiglia deve predisporre un piano educativo che preveda attività didattiche commisurate all’età dei piccoli ospiti e che possano essere inquadrate in quelle ludiche coniugabili con disegno, pittura, modellaggio.
La formazione scolastica per il tagesmutter
Per quanto riguarda i titoli di studio, è necessaria la laurea in Scienze della Formazione Primaria ed in Scienze dell’Educazione ed aver frequentato gli appositi corsi di formazione regionali. In regioni come Liguria e Lazio è invece sufficiente un diploma di formazione specifica rilasciato dalla regione ed in più circa 300 ore di tirocinio fatte presso un asilo.
Occorre presentare il progetto sia al proprio Comune sia presso l’ASL di competenza, compilando i moduli predisposti, accompagnandoli con il progetto educativo che si intende proseguire.
A livello fiscale, le formule più utili sono quella della cooperativa laddove siano previste varie figure professionali, oppure una ditta artigiana o un’associazione in partecipazione. In alcuni casi, esistono anche delle forme di contributi elargiti dalle regioni attraverso fondi della CEE.
I costi per le famiglie
Le rette sono standardizzate e possono variare dai 3 ai 6 euro l’ora o dai 300 ai 600 euro al mese: quote queste, che variano a seconda dell’ubicazione dell’asilo nido e dal numero dei bambini presenti. L’importo della retta è legato anche all’esistenza o meno di convenzioni stipulate con gli enti locali, che possono decidere di accollarsi parte del costo del servizio.