Android e Sicurezza: i dati criptati saranno uno standard su tutti i dispositivi
La privacy è ormai un principio largamente condiviso e sul quale molti cittadini e utenti non sono disposti a fare sconti. Una realtà con la quale sembrano destinate a dover fare i conti anche le grandi case produttrici di dispositivi o sistemi per le telecomunicazioni, al fine di corrispondere ai desideri della propria clientela. Lo dimostra in particolare la decisione adottata da Google e riguardante Android, con una nuova versione del sistema operativo dedicato a tablet e smartphone, denominato L, il quale utilizzerà il criptaggio dei dati come impostazione di default. Una decisione sulla linea di quella presa da Apple, che per il suo iOs 8, appena lanciato sui mercati mondiali, ha adottato una funzione tesa a criptare i dati riservati, destinata a scatenare un acceso dibattito e anche qualche polemica di non poco conto.
Il sistema in questione, limitando in automatico la possibilità di accedere ai dati personali presenti sui dispositivi, pone in effetti nuovi problemi anche il relazione alla sicurezza e alle operazioni di contrasto al crimine organizzato. Il pericolo di facilitare operazioni non molto trasparenti è stato prontamente lanciato dagli esperti del settore, in quanto le indagini della magistratura potrebbero essere rese praticamente impossibili dalla protezione accordata ai contenuti di tablet e smartphone. Di fatto, il criptaggio dei dati personali li sottrarrebbe anche ad indagini della polizia giudiziaria e relativi mandati. Un allarme che del resto è stato reso ancora più concreto dalla decisione presa a sua volta in precedenza da Apple di non accogliere più le richieste provenienti dalle forze dell’ordine o dai servizi di controspionaggio per sbloccare di iPad o iPhone.
Considerata la polemica in atto da mesi nel nostro paese sulle intercettazioni, con il Parlamento italiano pronto ad adottare provvedimenti contro l’uso distorto che ne farebbero magistratura e stampa, si può facilmente comprendere come il tema sia di grande attualità e destinato a far discutere ancora a lungo.
Ancora una volta, quindi, torna d’attualità la discussione sui doverosi confini da accordare alla necessaria privacy, considerata giustamente un diritto fondamentale del cittadino, che però rischia di tramutarsi in qualcosa di addirittura più complesso. Se infatti nel passato gli abusi riguardanti i dati personali hanno raggiunto livelli allarmanti, simbolizzati dal famigerato datagate, con la decisione di Google una necessità sacrosanta potrebbe di fatto trasformarsi in un favore a tutti coloro che vivono ai margini della legalità.
Andrebbe allo stesso tempo precisato che in realtà Android sin dal 2011 prevedeva alcune funzioni in grado di inibire l’accesso a dati personali, anche se pochi utenti avevano approfittato della opportunità offerta. In pratica, la possibilità di criptare i propri dati era già presente, ma essendo poco conosciuta dall’opinione pubblica non aveva sollevato i clamori che hanno invece distinto le ore successive all’annuncio di Google.
Con questa decisione, che rende peraltro impossibile alla stessa azienda l’accesso ai dati personali, sollevandola così da ogni responsabilità, l’unico modo per poter bypassare la protezione, di fatto, è conoscere la password. Andrebbe anche ricordato che la protezione riguarderà solo le informazioni presenti sui dispositivi, escludendo invece i messaggi di Hangouts, i quali sarebbero criptati solo nel percorso attraverso i server di Google.