Argentina è in default selettivo: cosa significa e quali conseguenze
L’Argentina è in default selettivo, dopo il mancato accordo con i fondi hedge statunitensi. Non è una sorpresa visti i recenti sviluppi, ma ora ci si interroga sulle possibili conseguenze per gli investitori che hanno aderito alla ristrutturazione del debito argentino e per i mercati finanziari.
Cosa significa?
“Oggi invece Buenos Aires si trova in default tecnico – commenta Barbara Giani, analista di JCI Capital Ltd – nonostante sia perfettamente in grado di onorare le obbligazioni ristrutturate, perché i suoi fondi risultano bloccati dopo la sentenza del giudice Griesa che impedisce il pagamento delle cedole in caso non vengano onorati anche i pagamenti di chi non ha accettato la ristrutturazione del debito”. Il contesto dunque, sostiene l’esperta, è diverso da quello del fallimento del 2001.
Le possibili conseguenze
…per gli investitori
“Quello che possiamo ipotizzare – prosegue Barbara Giani – è che il Paese possa aspettare la scadenza del 31 dicembre 2014, data in cui scadrà la clausola RUFO, e poi riprendere eventuali accordi con i fondi holdout, per scongiurare l’ipotesi che tutti i creditori possano avanzare ulteriori pretese su rimborsi superiori al 30%, qualora questi vengano concessi ai fondi ora in causa. Con il nuovo anno dunque l’Argentina potrebbe riprendere a pagare le cedole dei titoli ristrutturati. Il rischio di questo scenario è che comunque, oltre a 1,5 miliardi di dollari da pagare ai fondi avvoltoio, si sollevino richieste da parte di tutti gli holdout che non aderirono alla ristrutturazione e secondo il governo argentino la somma potrebbe salire fino a 15-20 miliardi di dollari”.
“Per i risparmiatori italiani “ribelli” – conclude Barbara Giani – che non aderirono alla ristrutturazione nessuna novità: rimaniamo in attesa di vedere entro la fine dell’anno le memorie del dibattito sulla richiesta di rimborso durante le udienze tenutesi a Washington lo scorso giugno”.
…sui mercati
le conseguenze del default saranno limitate a livello internazionale, e probabilmente più visibili sui mercati emergenti in generale, mentre potrebbero invece essere più pesanti per il paese stesso che già si trova ad affrontare una pesante crisi economica (inflazione 35%, disoccupazione molto elevata, crescita nulla) ed ora potrebbe dover porre misure per arginare la possibile fuga di capitali.
Resta inoltre aperta la questione dei CDS. Sarà l’ISDA a decidere nei prossimi giorni se vi siano le condizioni perché scattino i CDS o meno, vista la peculiarità del caso.