Nel 2014 investire in azioni: ma Large o Small Cap?

Scritto il alle 13:55 da Redazione Finanza.com

Di seguito pubblichiamo un commento di Donatella Principe, Responsabile Institutional Business di Schroders Italia. Secondo l’esperta il 2014 dovrebbe confermarsi l’anno dei mercati azionari. All’interno di questo scenario, il focus degli investitori potrebbe spostarsi dalle Small-Mid alle Large Cap. Oltre ad aver sottoperformato nel corso del 2013, le società di grandi capitalizzazione appaiono meglio equipaggiate per affrontare le sfide poste dal rallentamento dei Paesi emergenti.

Il 2014 dovrebbe confermarsi l’anno dei mercati azionari, ma, oltre alla scelta delle borse è altrettanto importante comprendere su quale segmento di capitalizzazione conviene puntare. Il focus dovrebbe spostarsi dalle Small-Mid alle Large Cap. Sia in Europa che negli Stati Uniti le Smaller Companies hanno nettamente sovraperformato le Large Cap, con un extra rendimento di circa il 20% da quando all’inizio dell’Ottobre 2011 è partito il rally dell’azionario.

Questo risultato è in linea con l’andamento storico delle piccole-medie capitalizzazioni, che tendono a registrare i rendimenti migliori nelle prime fasi di ripresa del ciclo economico. Questa fase, certamente in America e in parte anche in Europa, si è esaurita nel corso del 2013 e resta solo limitatamente un elemento di supporto per il 2014. In America pesa il fattore valutazioni, con le società SMID Cap che quotano su valutazioni storiche elevate sia sulla base dei trailing che dei forward PE.

Si aggiunga a questo che vi sono motivi per essere scettici sui livelli di consensus degli utili per le SMID companies americane, che appaiono eccessivamente ottimistici. Esiste poi per le SMID Cap Usa un problema di sopravvalutazione non solo in assoluto (rispetto alla propria storia), ma anche relativo (rispetto alle Large Cap americane): e questo è vero sulla base sia dei trailing che dei forward PE. Inoltre, se si ritiene che i paesi sviluppati (e quindi anche l’Europa) continueranno nel 2014 la loro fase di ripresa, allora le industrie cicliche globali dovranno guidare la performance dei mercati finanziari.

Una situazione questa che dovrebbe favorire le società di grande capitalizzazione americane, che producono il 40% dei loro utili al di fuori degli Stati Uniti; percentuale che le per le SMID Cos scende al 20%. In Europa va tenuto in considerazione che, sebbene il ciclo economico sia indietro nella sua ripresa rispetto a quello Usa, le Smaller Cos europee non di meno hanno riportato rendimenti in linea con le controparti americane, più in grado di fare leva su una reale accelerazione del ciclo. Tutti i parametri di analisi del settore portano a ritenere che le valutazioni delle Smaller Cos inizino a evidenziare chiari segnali di stress.

Quello delle Small Cap in Europa è in una fase di mercato da stock-pickers, estremamente sofisticato anche in ragione del ridotto grado di copertura della ricerca per questa tipologia di società. Anche in Europa la domanda internazionale gioca maggiormente a favore delle Large Cap: infatti, rispetto a una media di generazione all’estero degli utili delle Large Cap intorno al 50%, per le Smaller Cos la percentuale è molto più bassa e si aggira intorno al 30%. Ma, elemento ancor più rilevante, le aziende europee rischiano di subire i contraccolpi di una riduzione della domanda da parte dei Paesi Emergenti, direttamente connessa anche con la progressiva chiusura del deficit delle partite correnti americane.

Mantenere solida la top line del bilancio impone quindi che attività ad alto assorbimento di capitale (come per esempio le spese di marketing) giochino un ruolo crescente nel sostenere le vendite; con ricadute negative sui margini. Una sfida più facile da gestire per le società di grande che di piccola capitalizzazione.

Infine in Europa non va trascurato nel supporto alla crescita aziendale il ruolo giocato dal credito. Mentre in America le condizioni del credito sono nettamente migliorate, in Europa la lenta e debole ripresa della concessione di prestiti rischia di essere gelata sul nascere dai contraccolpi dell’Asset Quality Review della BCE. Le società di grandi capitalizzazione anche rispetto a questa sfida appaiono meglio equipaggiate.

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