PIR 2019: in arrivo i nuovi Piani Individuali di Risparmio

Scritto il alle 17:02 da Redazione Finanza.com

Arrivano i nuovi PIR anche ribattezzati PIR 2.0, i Piani Individuali di Risparmio introdotti dalla legge di bilancio 2019. L’ultimo tassello per la loro piena attuazione era il decreto attuativo 30 aprile 2019 che il 7 maggio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Vediamo cosa cambia.

PIR: cosa sono i Piani Individuali di Risparmio

I PIR sono stati introdotti nel 2017 con l’obiettivo di far confluire il risparmio delle famiglie italiane verso le piccole e medie imprese italiane, e al tempo stesso consentono, nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa, di ottenere importanti agevolazioni fiscali. I PIR si identificano come una forma di investimento a medio termine dedicata ai piccoli investitori. Ogni persona fisica con residenza fiscale in Italia può essere titolare di un solo PIR, con un importo massimo di 30mila euro all’anno ed entro un limite complessivo di 150mila euro in 5 anni. I vantaggi fiscali previsti dai PIR sono da una parte l’esenzione dall’imposta sui rendimenti e sulle plusvalenze (purché ogni investimento annuo sia detenuto per almeno 5 anni) e dall’altra dall’imposta di successione.
Almeno il 70% del valore complessivo degli strumenti finanziari detenuti nel PIR deve essere investito in stumenti finanziari emessi o stipulati con imprese italiane, di stati UE o aderenti all’ASEE ma con sede stabile nel nostro paese. Inoltre di questo 70%, almeno il 30% deve essere investito in strumenti finanziari emessi da imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. Al fine di promuovere la diversificazione poi la normativa prevede che non più del 10% del portafoglio deve essere destinato a strumenti emessi dallo stesso emittente.

I nuovi PIR 2019: cosa cambia

Il governo con la legge di bilancio 2019 ha rivisto la normativa sui Piani Individuali di Risparmio e ora con il decreto 30 aprile 2019, recante la “Disciplina attuativa dei piani di risparmio a lungo termine” ne dà piena attuazione. Le nuove regole sui PIR 2.0 prevedono l’obbligo per i fondi comuni di nuova costituzione di investire una percentuale minima sull’Aim e sul venture capitale. Nel dettaglio le nuove regole introducono l’obbligo per i fondi comuni di nuova costituzione di investire il 3,5% della raccolta in pmi (quotate e non) e in venture capital.
Per accedere all’agevolazione il 70% del valore complessivo dei PIR deve essere investito per un 5% in strumenti finanziari emessi da Pmi ammissibili e scambiati su sistemi multilaterali di negoziazione e per almeno un 5% in venture capital. Nel decreto si legge che si  considerano ammissibili gli investimenti in equity e quasi-equity. Per investimento in equity si fa riferimento al  conferimento  di  capitale  a un’impresa quale corrispettivo di una quota del capitale  di  rischio dell’impresa  anche  attraverso  la   sottoscrizione   di   strumenti finanziari partecipativi. Per investimento in quasi-equity invece si fa riferimento ad un tipo di  finanziamento  che si colloca tra equity e debito e  ha  un  rischio  più elevato  del debito di primo rango (senior) e un  rischio  inferiore  rispetto  al capitale primario (common equity).

Le Pmi oggetto dell’investimento devono rispettare i seguenti requisiti:

• 250 dipendenti

• fatturato massimo di 50 milioni oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni.

Inoltre tali società non devono aver ricevuto risorse oltre i 15 milioni di euro (eventuali investimenti sopra tale limite saranno possibili soltanto se non si è superata la quota dei 15 milioni o se ulteriori investimenti sono previsti dal piano aziendale) né devono essere quotate sui mercati regolamentati e né devono essere operative da oltre sette anni.
Le novità si applicano ai piani di risparmio a lungo termine costituiti a decorrere  dal  1°  gennaio 2019 e non si precludono ulteriori modifiche visto che fra sei mesi dall’entrata in vigore il  Mise si riserva di monitorare gli effetti dei correttivi sulla raccolta e il numero delle negoziazioni e nel caso di valutare ulteriori opportunità di intervento in futuro.

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