“Chi salverà la finanza”: l’etica non basta. Ecco le possibili soluzioni in un libro
Era il 15 settembre 2008 quando la banca d’investimento statunitense Lehman Brothers dichiarava fallimento aprendo una profonda crisi finanziaria che da Oltreoceano ha contagiato il resto del mondo con conseguenze visibili ancora oggi. A dieci anni di distanza da questo evento-simbolo è uscito il libro “Chi salverà la finanza” (Egea 2018; 22 euro; epub 14,99 euro) a firma di Emilio Barucci, professore di Matematica Finanziaria presso il Politecnico di Milano. Un volume di 208 pagine per interrogarsi sull’eredità di quegli eventi, inclusa l’inefficacia dimostrata dalle istituzioni europee nel garantire la stabilità delle banche italiane nei casi di Mps, delle banche popolari e delle sofferenze bancarie, e capire se, chi e come si potrà “salvare la finanza”.
Il richiamo all’etica è forte ma non per giudicare se sia “giusto” che un amministratore delegato guadagni più di un cassiere di banca, ma per fare una riflessione su come sia possibile architettare una buona finanza. Questo è il punto che l’autore cerca di indagare, nella convinzione che un uso disinvolto di alcuni importanti capisaldi della teoria finanziaria, l’azione di lobbying dell’industria finanziaria e l’abbaglio/impotenza delle autorità di regolamentazione/politiche, abbiano finito per produrre una finanza mal costruita che non è stata capace di mantenere le promesse di essere utile alla società.
Il volume riflette sui meccanismi che stanno dietro quanto accaduto, con l’obiettivo non tanto di individuare i colpevoli quanto di comprendere le ragioni della crisi alla radice, di valutare l’eredità e di individuare possibili soluzioni. Tra queste non manca uno sguardo sulla “rivoluzione” del Fintech, sinonimo di democratizzazione e personalizzazione della finanza, due atout accattivanti dopo quello che è successo negli ultimi anni.