Jobs Act: Cosa cambia nel mercato del lavoro con i nuovi contratti

Scritto il alle 09:15 da Redazione Finanza.com

Il Jobs Act, approvato nel consiglio dei ministri lo scorso 20 febbraio, ha introdotto rilevanti modifiche nel mercato del lavoro. Vediamo quali sono le principali novità.

Contratto a tutele crescenti

Il nuovo contratto a tempo indeterminato, denominato contratto a tutele crescente, consente ai datori di lavoro di licenziare per ragioni economiche (resta fermo il divieto di licenziare per ragioni discriminatorie), riconoscendo al lavoratore un’indennità variabile a seconda del periodo in cui il lavoratore ha prestato la sua opera e alle dimensioni dell’azienda. L’indennità minima, in caso di licenziamento, è pari a quattro mensilità, aumentata di due mensilità per ogni anno di lavoro prestato (una mensilità nelle imprese di dimensioni ridotte).

Contratti a progetto e a tempo determinato

A partire dal 2016 i contratti a progetto si trasformeranno in contratti a tutela crescente, ad eccezione di alcuni settori come, ad esempio, le collaborazioni presso call center o studi professionali, mentre fino al 31 dicembre 2015 non ci saranno sostanziali modifiche.
Per quanto riguarda, invece, i contratti a tempo determinato, il Jobs Act non ha modificato le norme entrate in vigore recentemente, che hanno allungato il periodo lavorativo a tre anni e abolito la necessità di motivare la scelta.

Le mansioni nei contratti di lavoro

Il Jobs Act ha introdotto la possibilità di demansionare i dipendenti (in caso di ristrutturazione aziendale e con un demansionamento di un solo livello), per molti anni vietata dal cosiddetto Statuto dei lavoratori ma il datore di lavoro è tenuto a riconoscere uno stipendio non inferiore rispetto a quello originario.

Congedi parentali

Il Jobs Act ha previsto l’estensione del congedo di paternità anche ai lavoratori atipici. Il congedo parentale potrà essere richiesto nei primi 12 anni di vita (fino ad ora era possibile richiederlo entro gli 8 anni) mentre i congedi parzialmente retribuiti e quelli non retribuiti potranno essere richiesti, rispettivamente, entro i 6 anni (in precedenza entro i 3) ed entro i 12 anni (in precedenza entro i 6).

La riforma degli ammortizzatori sociali

A partire dal primo maggio 2015 i lavoratori dipendenti che perderanno il lavoro avranno diritto alla nuova indennità di disoccupazione NaspI, che sostituirà AspI e MiniAspI, attualmente in vigore. Per ottenere la nuova indennità è necessario aver lavorato almeno 18 giorni nel 2015 e, al tempo stesso, avere versato contributi per almeno 13 settimane nei quattro anni precedenti. L’indennità sarà pari al 75% della retribuzione media nel periodo considerato e verrà riconosciuta per un numero di mensilità pari alla metà di quelle calcolate ai fini contributivi (in ogni caso l’indennità non può superare i 1.300 euro, per una durata massima di due anni). Al termine del periodo in cui viene riconosciuta la NaspI, il lavoratore, nel caso in cui non abbia trovato un nuovo lavoro, avrà diritto ad un assegno di disoccupazione pari al 75% dell’indennità NaspI, fino ad un massimo di 6 mesi.
I lavoratori a progetto, a loro volta, dopo aver perso il lavoro avranno diritto all’indennità Dis-Coll, purché abbiano un’anzianità minima di tre mesi.

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