Svuotatutto a Rocca Salimbeni

Scritto il alle 09:23 da Redazione Finanza.com

Un complotto per portare all’estero la valigetta nera coi bottoni di Mps? E’ la domanda che si pone Vincenzo Somma, direttore di Altroconsumo Finanza, una settimana dopo il varo del maxi-aumento di capitale di Mps da 3 mld di euro che si consumerà a inizio 2014.

Per salvarsi Monte Paschi deve quindi battere cassa e chiedere agli azionisti tre miliardi per l’aumento di capitale. Che si fa quando c’è la crisi e nessuno ha quattrini da spendere? La risposta del direttore di Altroconsumo Finanza è che si fanno vendite promozionali tipo “tutto a un euro” o “svuotiamo i magazzini, causa rinnovo locali”. Nel caso di Mps si tradurrà in una vendita delle nuove azioni a prezzi scontatissimi, anche del 40% inferiori a quelli attuali (0,19 euro).
“Conseguenza di questo svuotatutto a Rocca Salimbeni – continua Vincenzo Somma – è che sarà necessario emettere una valanga di azioni, ma Fondazione Mps, che a sua volta non naviga in buone acque, non potrà comprarne o ne comprerà poche e il suo peso calerà dall’attuale 33,5% del capitale verso un ruolo limitato nelle stanze dei bottoni.

Ma per gli analisti di Altroconsumo Finanza potrebbe esserci anche di più. Questo 33,5% delle azioni è stato dato in pegno anni fa ai creditori della Fondazione stessa: Barclays, BNP Paribas, Crédit Agricole, Credit Suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, Intesa Sanpaolo, JP Morgan Chase, Mediobanca, Natixis, Royal Bank of Scotland e Unicredit. Se il prezzo del titolo dovesse scendere sotto gli 0,12 euro (e con l’aumento di capitale siamo proprio sul filo) queste banche, perlopiù straniere, per via di accordi fatti in passato, potrebbero diventare le azioniste di controllo di Mps, e lasciare la Fondazione col cerino in mano. Un complotto per portare all’estero la valigetta nera coi bottoni di Mps? Non c’è nessuna certezza su questa eventualità, ma “quel che è certo è che il tentativo della Fondazione di tenere i suoi artigli infilzati nel pancione della banca senese dopo anni di costosi insuccessi rischia il naufragio definitivo, non meno del tentativo di mantenere l’italianità di Alitalia o quella di Parmalat”, conclude la nota di Altroconsumo.

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